Tratto da "Il Gattopardo"
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Ottobre 1860
La pioggia era venuta, la pioggia era andata via; ed il sole era risalito sul trono come un re assoluto che, allontanato per una settimana dalle barricate dei sudditi, ritorna a regnare iracondo ma raffrenato da carte costituzionali. Il calore ristorava senza ardere, la luce era autoritaria ma lasciava sopravvivere i colori, e dalla terra rispuntavano trifogli mentucce cautelose, sui volti diffidenti speranze.
Don Fabrizio insieme a Teresina ed Arguto, cani, e a don Ciccio Tumeo, seguace, passava Lunghe ore a caccia, dall’alba al pomeriggio. La fatica era fuori d’ogni proporzione con i risultati, perché anche ai più esperti tiratori riesce difficile colpire un bersaglio che non c’è quasi mai, ed era molto se il Principe rincasando poteva far portare in cucina un paio di pernici così come don Ciccio si reputava fortunato se a sera poteva sbattere sul tavolo un coniglio selvatico, il quale del resto veniva ipso facto promosso al grado di lepre, come usa da noi.
Un’abbondanza di bottino sarebbe stata d’altronde per il Principe un piacere secondario; il diletto dei giorni di caccia era altrove, suddiviso in molti episodi minuti. Cominciava con la rasatura nella camera ancora buia, al lume di una candela che rendeva enfatici i gesti sul soffitto dalle architetture dipinte; si acuiva nel traversare i saloni addormentati, nello scansare alla luce traballante i tavoli con le carte da gioco in disordine fra gettoni e bicchierini vuoti, e nello scorgere fra esse il cavallo di spade che gli rivolgeva un augurio virile; nel percorrere il giardino immoto sotto la luce grigia nel quale gli uccelli si strizzavano per far saltar via la rugiada dalle penne; nello sgusciare attraverso la porticina impedita dall’edera; nel fuggire, insomma; e poi sulla strada, innocentissima ancora ai primi albori, ritrovava don Ciccio sorridente fra i baffi ingialliti mentre sacramentava affettuosamente contro i cani; a questi, nell’attesa, fremevano i muscoli sotto il velluto del pelo. Venere brillava, chicco d’uva sbucciato, trasparente e umido, e di già sembrava di udire il rombo del carro solare che saliva l’erta sotto l’orizzonte; presto s’incontravano le prime greggi che avanzavano torpide come maree, guidate a sassate dai pastori calzati di pelli; le lane erano rese morbide e rosee dai primi raggi; poi bisognava dirimere oscuri litigi di precedenza fra i cani da mandria e i bracchi puntigliosi, e dopo quest’intermezzo assordante si svoltava su per un pendio e ci si trovava nell’immemoriale silenzio della Sicilia pastorale. Si era subito lontani da tutto, nello spazio e ancor più nel tempo. Donnafugata con il suo palazzo e i suoi nuovi ricchi era appena a due miglia ma sembrava sbiadita nel ricordo come quei paesaggi che talvolta s’intravedono allo sbocco lontano di una galleria ferroviaria; le sue pene e il suo lusso apparivano ancor più insignificanti che se fossero appartenuti al passato, perché rispetto all’immutabilità di queste contrade fuori di mano sembravano far parte del futuro, esser ricavati non dalla pietra e dalla carne ma dalla stoffa di un sognato avvenire, estratte da una Utopia vagheggiata da un Platone rustico e che per un qualsiasi minimo accidente avrebbe anche potuto conformarsi in foggie del tutto diverse o addirittura non essere; sprovviste così anche di quel tanto di carica energetica che ogni cosa passata continua a possedere, non potevano più recar fastidio.
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La bellezza fatta prosa, il fascino impresso con l'inchiostro, la tranquillità che scorre dentro.
domenica 27 dicembre 2009
martedì 13 ottobre 2009
Fake Plastic Trees
In questo intervento non voglio scrivere io: saranno i Radiohead a farlo per me.
- Fake Plastic Trees -
Her green plastic watering can
For her fake chinese rubber plant
In the fake plastic earth
That she bought from a rubber man
In a town full of rubber plans
To get rid of itself
It wears her out
It wears her out
It wears her out
It wears her out
She lives with a broken man
A cracked polystyrene man
Who just crumbles and burns
He used to do surgery
For girls in the eighties
But gravity always wins
And it wears him out
it wears him out
It wears him out
It wears him out
She looks like the real thing
She tastes like the real thing
My fake plastic love
But I can’t help the feeling
I could blow through the ceiling
If I just turned and ran
And it wears me out
It wears me out
It wears me out
It wears me out
If I could be who you wanted
If I could be who you wanted
All the time
All the time.
---------------------------
Il suo innaffiatoio di plastica verde
Per la sua piantina di gomma cinese finta
Nella terra di plastica finta
Che ha comprato da un uomo di gomma
In una città piena di piani di gomma
Per sbarazzarsi di se stessa
Questo la consuma
La consuma
La consuma
La consuma
Vive con un uomo rotto
Un uomo di polistirolo rotto
Che si sbriciola e brucia
Un tempo lui faceva operazioni chirurgiche
Per ragazze negli anni ottanta
Ma la gravità vince sempre
E questo lo consuma
Lo consuma
Lo consuma
Lo consuma
Lei sembra reale
Lei sa di reale
Il mio finto amore di plastica
Ma non posso evitare di sentirlo
O esploderei attraverso il soffitto
Se mi voltassi e fuggissi
E questo mi consuma
Mi consuma
Mi consuma
Mi consuma
Se potessi essere chi tu vuoi
Se potessi essere chi tu vuoi
Sempre
Sempre
---------------------------
Poche canzoni mi hanno toccato così tanto, e poche ancora si sono avvicinate a come mi sento, come questa. Sembra scritta per me, dal titolo fino alla fine. Purtroppo.
- Fake Plastic Trees -
Her green plastic watering can
For her fake chinese rubber plant
In the fake plastic earth
That she bought from a rubber man
In a town full of rubber plans
To get rid of itself
It wears her out
It wears her out
It wears her out
It wears her out
She lives with a broken man
A cracked polystyrene man
Who just crumbles and burns
He used to do surgery
For girls in the eighties
But gravity always wins
And it wears him out
it wears him out
It wears him out
It wears him out
She looks like the real thing
She tastes like the real thing
My fake plastic love
But I can’t help the feeling
I could blow through the ceiling
If I just turned and ran
And it wears me out
It wears me out
It wears me out
It wears me out
If I could be who you wanted
If I could be who you wanted
All the time
All the time.
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Il suo innaffiatoio di plastica verde
Per la sua piantina di gomma cinese finta
Nella terra di plastica finta
Che ha comprato da un uomo di gomma
In una città piena di piani di gomma
Per sbarazzarsi di se stessa
Questo la consuma
La consuma
La consuma
La consuma
Vive con un uomo rotto
Un uomo di polistirolo rotto
Che si sbriciola e brucia
Un tempo lui faceva operazioni chirurgiche
Per ragazze negli anni ottanta
Ma la gravità vince sempre
E questo lo consuma
Lo consuma
Lo consuma
Lo consuma
Lei sembra reale
Lei sa di reale
Il mio finto amore di plastica
Ma non posso evitare di sentirlo
O esploderei attraverso il soffitto
Se mi voltassi e fuggissi
E questo mi consuma
Mi consuma
Mi consuma
Mi consuma
Se potessi essere chi tu vuoi
Se potessi essere chi tu vuoi
Sempre
Sempre
---------------------------
Poche canzoni mi hanno toccato così tanto, e poche ancora si sono avvicinate a come mi sento, come questa. Sembra scritta per me, dal titolo fino alla fine. Purtroppo.
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Andrea
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21:46
martedì 29 settembre 2009
Il fanatico di fantascienza.
Un blog dimenticato da Dio. Nessuna storia da raccontare. Tante parole, messe dietro l'una all'altra per il piacere della grammatica. Bukowski sarebbe orgoglioso di me.
Vuoto. Dentro. Fuori. In pratica, il niente.
Sì, scrivo solo quando sono triste. Sono un demodè del peggior dandy ubriaco inglese di fine '800, una caricatura che prende solo i difetti e non ne gode le gioie. Ma tant'è.
"Siamo soli su questo mondo?" si chiederebbe un fanatico di fantascienza. Il poeta gli risponde che lo siamo. "Ma tu non sei uno scienziato!" - "Il solo fatto che mi chiedo se siamo soli o no implica che fino ad ora sono solo. Non c'è dubbio nella solitudine: se ti permea attraverso, anche solo per un secondo, probabilmente lo sei. Perchè il vuoto se trova una fessura entra e butta fuori tutto, facendoti diventare vuoto. Dentro. Fuori. In pratica, il niente." - "Ma che stai dicendo?!?" - "Guardati. Ora siamo io e te. In città c'è un proliferare di vite affannate, convinte di vivere. Sei solo? Direi di sì, non hai nessuno cui importa di te." - "Ma tu stai parlando con me!" - "Ma non me ne importa nulla di te. Sei poco più di un soffio nel mio cammino, un filo d'erba in un campo. Domani mi ricorderò ancora di te, e forse anche tra un anno, dieci anni, una vita. Ma non sei stato niente per me, solo un frammento di memoria che tende a rimanere, che non fa nient'altro che occupare posto con la sua presenza. Sei come lo sfigato al ballo della scuola: esisti (ed esisterai), ma che tu sia a lucido o ricoperto di polvere cambia ben poco. In pratica, occupi solo posto, ma non fai nient'altro. Non balli nemmeno un minuto."
..
Quanto odio essere un fanatico di fantascienza.
Vuoto. Dentro. Fuori. In pratica, il niente.
Sì, scrivo solo quando sono triste. Sono un demodè del peggior dandy ubriaco inglese di fine '800, una caricatura che prende solo i difetti e non ne gode le gioie. Ma tant'è.
"Siamo soli su questo mondo?" si chiederebbe un fanatico di fantascienza. Il poeta gli risponde che lo siamo. "Ma tu non sei uno scienziato!" - "Il solo fatto che mi chiedo se siamo soli o no implica che fino ad ora sono solo. Non c'è dubbio nella solitudine: se ti permea attraverso, anche solo per un secondo, probabilmente lo sei. Perchè il vuoto se trova una fessura entra e butta fuori tutto, facendoti diventare vuoto. Dentro. Fuori. In pratica, il niente." - "Ma che stai dicendo?!?" - "Guardati. Ora siamo io e te. In città c'è un proliferare di vite affannate, convinte di vivere. Sei solo? Direi di sì, non hai nessuno cui importa di te." - "Ma tu stai parlando con me!" - "Ma non me ne importa nulla di te. Sei poco più di un soffio nel mio cammino, un filo d'erba in un campo. Domani mi ricorderò ancora di te, e forse anche tra un anno, dieci anni, una vita. Ma non sei stato niente per me, solo un frammento di memoria che tende a rimanere, che non fa nient'altro che occupare posto con la sua presenza. Sei come lo sfigato al ballo della scuola: esisti (ed esisterai), ma che tu sia a lucido o ricoperto di polvere cambia ben poco. In pratica, occupi solo posto, ma non fai nient'altro. Non balli nemmeno un minuto."
..
Quanto odio essere un fanatico di fantascienza.
Pubblicato da
Andrea
alle
18:50
venerdì 17 luglio 2009
L'amarezza.
Amarezza. La bocca è sporca di birra, ma non è per quello che la senti. La serata è passata, ma sembra non sia trascorsa: è ancora sospesa, che attende di essere vissuta, e nell'etereo qualcosa vibra, in sordina. Ecco da dove viene l'amarezza.
La sento, mentre mi sfrego quella barba che irriverente cresce a mia insaputa, e che mi stanca. I fili del mondo mi prosciugano, prima fuori, poi dentro, ma l'amarezza me la lasciano.
Purtroppo si può togliere solo con un po' di dolcezza: ma non è quella di un chicco, di una zolletta di zucchero, di una ciambella, di una torta. Quella dolcezza che tutti vogliono tenersi per sè, perchè gli altri potrebbero rovinarla, e pochi si fidano davvero a lasciarla in mano a qualcun'altro, che per egoismo forse, prende e trasforma in amarezza prima o poi, restituendola nella nuova forma al mittente. Forse lo fa invece per incapacità, ma il risultato non cambia.
Ma io quella dolcezza non l'ho mai ricevuta. Però l'amarezza sì, quella sì, da fuori, da chi non voleva tenersela perchè in fondo è solo una patata bollente che ci si porta dentro, e si pensa che liberandocene cambi qualcosa, ma le ustioni rimangono comunque, e sono quello il vero problema.
Dicono che sotto la neve tutti siamo uguali: non è vero. Sembriamo. Ma non lo siamo. Rimane il tarlo, che tutto rode, il tarlo dell'amarezza che tutto consuma, e solo dopo anni ti accorgi che anche la neve dei tetti di legno può crollare. A che punto sono? La neve non me lo fa vedere.
Il tarlo ha già fatto molto comunque. Sta solo sperando per far crollare tutto che la primavera non arrivi prima che lui abbia finito, altrimenti lo vedranno con il disgelo. Se arrivasse la dolce primavera, per lui sarebbe finita. Dovrebbe passare molto tempo, prima che possa ricominciare indisturbato. Sa che lo farà, ma non sa quando nevicherà.
...
Alla fine, comunque, rimane sempre.
La sento, mentre mi sfrego quella barba che irriverente cresce a mia insaputa, e che mi stanca. I fili del mondo mi prosciugano, prima fuori, poi dentro, ma l'amarezza me la lasciano.
Purtroppo si può togliere solo con un po' di dolcezza: ma non è quella di un chicco, di una zolletta di zucchero, di una ciambella, di una torta. Quella dolcezza che tutti vogliono tenersi per sè, perchè gli altri potrebbero rovinarla, e pochi si fidano davvero a lasciarla in mano a qualcun'altro, che per egoismo forse, prende e trasforma in amarezza prima o poi, restituendola nella nuova forma al mittente. Forse lo fa invece per incapacità, ma il risultato non cambia.
Ma io quella dolcezza non l'ho mai ricevuta. Però l'amarezza sì, quella sì, da fuori, da chi non voleva tenersela perchè in fondo è solo una patata bollente che ci si porta dentro, e si pensa che liberandocene cambi qualcosa, ma le ustioni rimangono comunque, e sono quello il vero problema.
Dicono che sotto la neve tutti siamo uguali: non è vero. Sembriamo. Ma non lo siamo. Rimane il tarlo, che tutto rode, il tarlo dell'amarezza che tutto consuma, e solo dopo anni ti accorgi che anche la neve dei tetti di legno può crollare. A che punto sono? La neve non me lo fa vedere.
Il tarlo ha già fatto molto comunque. Sta solo sperando per far crollare tutto che la primavera non arrivi prima che lui abbia finito, altrimenti lo vedranno con il disgelo. Se arrivasse la dolce primavera, per lui sarebbe finita. Dovrebbe passare molto tempo, prima che possa ricominciare indisturbato. Sa che lo farà, ma non sa quando nevicherà.
...
Alla fine, comunque, rimane sempre.
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Andrea
alle
23:42
venerdì 12 giugno 2009
La folle corsa.
Stavo guardando il discorso del grande Dittatore di Charlie Chaplin, quando, al sentire le parole di amore e umanità tra gli uomini, mi è ritornato in mente un pensiero, di qualche tempo fa, sulla vacua struttura del mondo.
Siamo tante piccole formichine (mi scuso per aver preso quest'espressione da non so chi, ma mi sembra appropriata) che ci affanniamo nel mondo per raggiungere obiettivi finti, come l'essere migliore degli altri. E' palesemente un illusione, una cosa fittizia, che viene ricercata costantemente in qualunque cosa. Banche, aziende, nazioni, cercano di arricchirsi, ingrandirsi, fregiarsi di gloria, ma come, per cosa? A scapito degli altri, per essere un gradino più in alto.
Il tempo è denaro. Ma non è solo denaro: è successo, è conquiste, è tutto. Il tempo è il meccanismo malato che l'uomo si è costruito per autodistruggersi. Qualunque cosa deve essere fatta prima degli altri, altrimenti sarà vana. Se scopri qualcosa, ma è già stato scoperto da qualcun'altro, non conta nulla. Se crei qualcosa, dopo che l'ha già creata qualcun'altro, non conta nulla. Ma perchè, allora, oggi che ne abbiamo i mezzi, non si può lavorare tutti insieme al miglioramento dell'uomo, nel mondo? Al progresso tecnologico, al benessere diffuso, alla tranquillità e felicità dell'uomo? Perchè, gli uomini non si uniscono per fare qualcosa "insieme"?
C'è chi cerca potere. C'è chi cerca notorietà. C'è chi vuole semplicemente poter sfoggiare tutto il proprio corredo di etichette in faccia a chi non le ha. E queste persone modificano il meccanismo della società, piegandolo ai propri interessi, che non sono altro determinati dalla presenza degli altri. Perchè è certo che nessuno ha bisogno di un cellulare tempestato di diamanti, nessuno ha bisogno di una Bugatti, ma questi oggetti vogliono esser posseduti per differenziazione dal resto. E' un bisogno di autoaffermazione, che viene preso e strappato agli altri, per puro sadismo.
Ma se, ma se, ma se. Se nessuno cercasse questo, se nessuno volesse essere migliore del prossimo, e tutti cercassero di migliorarsi insieme invece? Se ad esempio, anzichè esserci tante aziende che lottano per guadagnare fette di mercato, ce ne fosse una sola che produce tutti i prodotti in commercio? Non un'unica tipologia di oggetto, ma tante tipologie diversissime tra loro, tutte in seno sotto lo stesso tetto, la stessa idea. Se ci fosse un'unica nazione, che anzichè scremare in base al reddito tra i vari popoli ne esaltasse i meriti? Un venezuelano e un italiano hanno le stesse capacità, ma non possono fare le stesse cose. Come un italiano e un tedesco. Ciò che voglio dire sarebbe eliminare la reciproca concorrenza tra gli uomini, senza farli scadere nella standardizzazione e canonicità. Ognuno fa la propria parte, nelle sue possibilità e non in quelle determinate dall'ambiente, senza lo scopo di fare meglio di un'ipotetico avversario, ma cercando il meglio che esso può dare. I mezzi ci sono per poter attuare una simile utopia, ma è la natura dell'uomo che vi si oppone fermamente, lasciandola appunto un'utopia. Si tratterebbe infatti non più di cercare cosa posso togliere al mio prossimo, ma in che cosa io posso dargli. Non più "che cosa posso fare per essere più in alto di te", ma "che cosa posso fare per farti andare più in alto che puoi".
Non sarebbe meraviglioso?
C'è chi lo ha chiamato comunismo; io personalmente, non vorrei chiamarlo con quel nome, che oramai è stato certamente degradato del suo significato, e a pochi è stato realmente chiaro. Inoltre, conserva l'accezione negativa di "comune", nel senso di ovvio, scontato, cosa che non rientrerebbe in nessun campo del mio pensiero. Deve essere dato il massimo spazio all'eterogeneità, perchè è quella che colora tutto alla fine. Non vorrei dare un nome al mio pensiero: sarebbe come limitarlo, ingabbiarlo in una definizione. Il mio pensiero è un ragionamento, nient'altro. E un ragionamento non si presta ad interpretazioni, e quindi a snaturamenti. Spero che ci sia qualcun'altro che lo condivida, da qualche parte, e che mentre fa la folle corsa, abbia pensato qualcosa di simile.
Siamo tante piccole formichine (mi scuso per aver preso quest'espressione da non so chi, ma mi sembra appropriata) che ci affanniamo nel mondo per raggiungere obiettivi finti, come l'essere migliore degli altri. E' palesemente un illusione, una cosa fittizia, che viene ricercata costantemente in qualunque cosa. Banche, aziende, nazioni, cercano di arricchirsi, ingrandirsi, fregiarsi di gloria, ma come, per cosa? A scapito degli altri, per essere un gradino più in alto.
Il tempo è denaro. Ma non è solo denaro: è successo, è conquiste, è tutto. Il tempo è il meccanismo malato che l'uomo si è costruito per autodistruggersi. Qualunque cosa deve essere fatta prima degli altri, altrimenti sarà vana. Se scopri qualcosa, ma è già stato scoperto da qualcun'altro, non conta nulla. Se crei qualcosa, dopo che l'ha già creata qualcun'altro, non conta nulla. Ma perchè, allora, oggi che ne abbiamo i mezzi, non si può lavorare tutti insieme al miglioramento dell'uomo, nel mondo? Al progresso tecnologico, al benessere diffuso, alla tranquillità e felicità dell'uomo? Perchè, gli uomini non si uniscono per fare qualcosa "insieme"?
C'è chi cerca potere. C'è chi cerca notorietà. C'è chi vuole semplicemente poter sfoggiare tutto il proprio corredo di etichette in faccia a chi non le ha. E queste persone modificano il meccanismo della società, piegandolo ai propri interessi, che non sono altro determinati dalla presenza degli altri. Perchè è certo che nessuno ha bisogno di un cellulare tempestato di diamanti, nessuno ha bisogno di una Bugatti, ma questi oggetti vogliono esser posseduti per differenziazione dal resto. E' un bisogno di autoaffermazione, che viene preso e strappato agli altri, per puro sadismo.
Ma se, ma se, ma se. Se nessuno cercasse questo, se nessuno volesse essere migliore del prossimo, e tutti cercassero di migliorarsi insieme invece? Se ad esempio, anzichè esserci tante aziende che lottano per guadagnare fette di mercato, ce ne fosse una sola che produce tutti i prodotti in commercio? Non un'unica tipologia di oggetto, ma tante tipologie diversissime tra loro, tutte in seno sotto lo stesso tetto, la stessa idea. Se ci fosse un'unica nazione, che anzichè scremare in base al reddito tra i vari popoli ne esaltasse i meriti? Un venezuelano e un italiano hanno le stesse capacità, ma non possono fare le stesse cose. Come un italiano e un tedesco. Ciò che voglio dire sarebbe eliminare la reciproca concorrenza tra gli uomini, senza farli scadere nella standardizzazione e canonicità. Ognuno fa la propria parte, nelle sue possibilità e non in quelle determinate dall'ambiente, senza lo scopo di fare meglio di un'ipotetico avversario, ma cercando il meglio che esso può dare. I mezzi ci sono per poter attuare una simile utopia, ma è la natura dell'uomo che vi si oppone fermamente, lasciandola appunto un'utopia. Si tratterebbe infatti non più di cercare cosa posso togliere al mio prossimo, ma in che cosa io posso dargli. Non più "che cosa posso fare per essere più in alto di te", ma "che cosa posso fare per farti andare più in alto che puoi".
Non sarebbe meraviglioso?
C'è chi lo ha chiamato comunismo; io personalmente, non vorrei chiamarlo con quel nome, che oramai è stato certamente degradato del suo significato, e a pochi è stato realmente chiaro. Inoltre, conserva l'accezione negativa di "comune", nel senso di ovvio, scontato, cosa che non rientrerebbe in nessun campo del mio pensiero. Deve essere dato il massimo spazio all'eterogeneità, perchè è quella che colora tutto alla fine. Non vorrei dare un nome al mio pensiero: sarebbe come limitarlo, ingabbiarlo in una definizione. Il mio pensiero è un ragionamento, nient'altro. E un ragionamento non si presta ad interpretazioni, e quindi a snaturamenti. Spero che ci sia qualcun'altro che lo condivida, da qualche parte, e che mentre fa la folle corsa, abbia pensato qualcosa di simile.
Pubblicato da
Andrea
alle
14:17
mercoledì 28 gennaio 2009
Sammlung Goetz
Buongiorno a tutti! Oggi, 29 gennaio 2009, pare una bellissima giornata: ieri ho fatto un'esame scritto, mi sono alzato alle 9:30, la televisione è in sottofondo su un programma decente e fuori c'è il sole. E io che faccio per ringraziare questo piccolo mondo, per questi piccoli momenti di tranquillità? Beh, posso magari rendergli noto di un mio piccolo lavoro che credo venuto abbastanza bene: la Sammlung Goetz!
La Sammlung Goetz (in italiano Collezione Goetz) è un edificio di Monaco di Baviera, atto alla funzione di museo (moderno), di cui ho scelto di fare la riproduzione in 3D con Autocad 2009: partendo da piante e sezioni, integrando con fotografie, ho ricostruito (credo, spero!) abbastanza fedelmente la struttura del sopracitato. Il risultato è stato qualcosa di leggermente diverso dalle piante di partenza, chiaramente sbagliate se confrontate con le fotografie dell'interno dell'edificio, ma mi ritengo soddisfatto del risultato finale.
Comunque, passiamo al mio lavoro: purtroppo, causa principale la mancanza di tempo, non ho potuto investire sullo sviluppo dei materiali della Collezione per fare dei renderings buoni, ma mi sono semplicemente limitato allo sviluppo in 3D dell'edificio salvandone le immagini visualizzate in stile Concettuale: non sarà graficamente realistico, ma permette secondo me di raggiungere una concezione dei suoi spazi completa e approfondita.
Ecco le immagini raster:
Assonometria:
Sezione scale 1
Sezione scale 2
Sezione longitudinale
Sezione longitudinale 2
Sezione longitudinale 3
Piano primo
Piano terra
Piano inferiore
Spaccato assonometrico
Prospetti
Planimetria
Ecco, questo è tutto! O forse no...?
Adesso è davvero finito il mio lavoro!
Se qualcuno è particolarmente interessato, dispongo del file .dwg sia in 2D che in 3D, e può consultare questi siti che ho ritenuto tra i più interessanti e utili sull'edificio per il mio lavoro:
Sito ufficiale (in inglese)
ArchInfo.it
kubuildingtech.org
Beh, finito! Spero di avervi fatto prendere coscienza dell'esistenza di questo edificio a Monaco, che sebbene dall'esterno sembri un vile parallelepipedo, in sezione si vede che è quasi tutto vuoto, e si poggi solamente su tre assi: infatti il perimetro esterno, lungo cui i comuni edifici scaricano il peso della struttura, sono di vetro, pertanto non atti a svolgere una funzione portante; inoltre la luce ricopre un ruolo fondamentale, in quanto filtra in tutto l'edificio in maniera abbondante, grazie a delle finestre a nastro (Le Corbusier insegna!).
Se qualcuno inoltre sa come immettere il file 3D di un edificio in Google Earth, può provare a spiegarmelo? :D
Forse oggi andrò a godermi questa giornata.. oppure studierò? Boh... chi vivrà vedrà! E anche chi non è cieco!
-----------------------------
AGGIORNAMENTO: se avete necessità dei miei dwg, potete comprarli da Archweb.it
http://www.archweb.it/dwg/arch_arredi_famosi/Herzog_de_Meuron/Goetz_gallery/Goetz_gallery.htm
http://www.archweb.it/dwg/arch_arredi_famosi/Herzog_de_Meuron/Goetz_gallery/Goetz_gallery_3D.htm
La Sammlung Goetz (in italiano Collezione Goetz) è un edificio di Monaco di Baviera, atto alla funzione di museo (moderno), di cui ho scelto di fare la riproduzione in 3D con Autocad 2009: partendo da piante e sezioni, integrando con fotografie, ho ricostruito (credo, spero!) abbastanza fedelmente la struttura del sopracitato. Il risultato è stato qualcosa di leggermente diverso dalle piante di partenza, chiaramente sbagliate se confrontate con le fotografie dell'interno dell'edificio, ma mi ritengo soddisfatto del risultato finale.
Comunque, passiamo al mio lavoro: purtroppo, causa principale la mancanza di tempo, non ho potuto investire sullo sviluppo dei materiali della Collezione per fare dei renderings buoni, ma mi sono semplicemente limitato allo sviluppo in 3D dell'edificio salvandone le immagini visualizzate in stile Concettuale: non sarà graficamente realistico, ma permette secondo me di raggiungere una concezione dei suoi spazi completa e approfondita.
Ecco le immagini raster:
Assonometria:
Sezione scale 1
Sezione scale 2
Sezione longitudinale
Sezione longitudinale 2
Sezione longitudinale 3
Piano primo
Piano terra
Piano inferiore
Spaccato assonometrico
Prospetti
Planimetria
Ecco, questo è tutto! O forse no...?
Adesso è davvero finito il mio lavoro!
Se qualcuno è particolarmente interessato, dispongo del file .dwg sia in 2D che in 3D, e può consultare questi siti che ho ritenuto tra i più interessanti e utili sull'edificio per il mio lavoro:
Sito ufficiale (in inglese)
ArchInfo.it
kubuildingtech.org
Beh, finito! Spero di avervi fatto prendere coscienza dell'esistenza di questo edificio a Monaco, che sebbene dall'esterno sembri un vile parallelepipedo, in sezione si vede che è quasi tutto vuoto, e si poggi solamente su tre assi: infatti il perimetro esterno, lungo cui i comuni edifici scaricano il peso della struttura, sono di vetro, pertanto non atti a svolgere una funzione portante; inoltre la luce ricopre un ruolo fondamentale, in quanto filtra in tutto l'edificio in maniera abbondante, grazie a delle finestre a nastro (Le Corbusier insegna!).
Se qualcuno inoltre sa come immettere il file 3D di un edificio in Google Earth, può provare a spiegarmelo? :D
Forse oggi andrò a godermi questa giornata.. oppure studierò? Boh... chi vivrà vedrà! E anche chi non è cieco!
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AGGIORNAMENTO: se avete necessità dei miei dwg, potete comprarli da Archweb.it
http://www.archweb.it/dwg/arch_arredi_famosi/Herzog_de_Meuron/Goetz_gallery/Goetz_gallery.htm
http://www.archweb.it/dwg/arch_arredi_famosi/Herzog_de_Meuron/Goetz_gallery/Goetz_gallery_3D.htm
giovedì 15 gennaio 2009
Licenza Creative Commons
Jagtree's Blog by Andrea Albero is licensed under a Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia License.
Pubblicato da
Andrea
alle
14:12
martedì 13 gennaio 2009
I siti evaystyle.com e affarionweb.it hanno messo in piedi un simpatico concorso per blogger con in premio nientepopòdimenoche un Samsung Omnia i900! E io? Io ovviamente partecipo... :P :P
Ecco i siti interessati:
http://www.evaystyle.com/?p=1554
http://www.affarionweb.it/default.aspx?cm=contest
;) Cercate di partecipare anche voi! Il contest si fermerà solamente quando verranno raggiunti i 700 iscritti, c'è ancora posto!! :D
Buona fortuna a tutti! :) (ma più a me! ^^)
Pubblicato da
Andrea
alle
15:26
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