giovedì 11 dicembre 2008

E' in partenza un treno per...

Affanculo!
Non vi è mai scappato di bocca?
A me sì, tante volte.
E come me, a tante persone.
Tante. Tutte universitarie. Tutte quelle che prendono il TRENO.
E' l'ennesima volta che il treno per Livorno è in ritardo, ed è l'ennesima volgarità che Trenitalia riesce a strapparmi dalla bocca. Io non vorrei, ma il rimescolamento degli acidi gastrici provocato da questa costanza, da questo impegno preso nei confronti dei viaggiatori di arrivare in ritardo mi costringe, mi obbliga moralmente a inveire contro tale società. Non è possibile, non riesco a capacitarmente: nemmeno volendo si riesce a mantenere con così tanta assiduità un impegno. La realtà supera l’immaginazione, nemmeno Tolkien aveva inventato un mondo dove ci fossero treni perennemente in ritardo. Avete mai sentito del treno per Mordor in ritardo? No? Bene, neanche io! Forse perché è non è immaginabile una cosa del genere! Forse perché entropicamente IMPOSSIBILE che accada ciò!
Dalla stazione di Pisa Centrale, ove sono ora ubicato, spero solo che il mio odio raggiunga nella forma più pura Trenitalia, per ripagarli un minimo della gentilezza che loro usano e hanno usato con uniforme continuità nei miei confronti da Settembre ad oggi.
Poi leggo di continui scioperi del personale di Trenitalia.. non si dovrebbe fare uno sciopero di noi fruitori di Trenitalia? Non potremmo fare noi per una volta un ritardo nel pagamento del biglietto? “Oh, mi scusi sig. Controllore, so di essere in ritardo per il pagamento del biglietto, ma è per ristrutturazione del mio portafoglio! Pagherò appena possibile.” Vorrei proprio vedere cosa succederebbe! Non sono certo ammessi ritardi nei pagamenti … però sui treni sì! Eh! Che gusto ci sarebbe a prendere un treno senza il brivido di non farcela? L’adrenalina delle ore 5:45 pm per prendere il treno Roma Termini che ferma a Livorno è una cosa unica … solo per persone che amano le emozioni forti. Un po’ come Platinette nuda/o. Che lotta nel fango. Con Luxuria. Nudo anche lei.
Credo che dovremmo postulare un nuovo principio fisico: il principio d’indeterminazione di Trenitalia. “Non si può mai sapere se un treno è in ritardo, e se non è in ritardo non si può sapere né il binario né l’ora cui partirà. Non esiste finito nemmeno il limite del ritardo con l’importanza del treno che tende a infinito: infatti può tendere a 0 il ritardo se tu sei in ritardo, e tendere a infinito se tu sei in orario.” (Banchieri & Albero Cit.)
Vorrei concludere questo intervento nel blog con una foto esplicativa del messaggio che vorrei mandare alle Ferrovie dello Stato:

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Din Don:
“…Ci scusiamo per il disagio!”
Din Don!



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Aggiornamento del 04/01/2009

Con la gentile concessione del fotografo (?) Edoardo Banchieri, vorrei stimolare i vostri neuroni assopiti con un gioco di abilità: "Find the Differences".
Si tratta (come dice il nome del gioco) di riuscire a trovare le differenze tra due immagini.

Ora tocca a voi, signori!

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(a sinistra: Indro Montanelli (sottile gioco di parole, nevvero?)
a destra: Andrea Albero)

martedì 5 agosto 2008

Viaggio d'immaturità

A.S. 2007/2008, Diploma, Viaggio. Destinazione: Spagna.
Una successione di pensieri semplice, efficace, classica, che però in compagnia di certi individui può in certi momenti trasformarsi in incubo. Dai che lo avete già intuito: quell'individuo sono io! Perchè come sappiamo tutti, se la fortuna è cieca, la sfiga ci vede benissimo! E a me mi vede sempre... (mai stato bravo a nascondino).
Comunque, è dovere di cronaca dirlo, il viaggio è stato molto bello, ci siamo divertiti moltissimo, le località visitate sono state tre: Lloret de Mar, Barcellona, Valencia. Le cose da fare in questi posti sono note a tutti, e vengono fatte da tutti, quindi non mi soffermerò su questi aspetti dove vi annoiereste e basta, ma vi narrerò di varie disavventure che ci hanno colpiti (e soprattutto "mi hanno colpito") in questi 10 giorni di caldo rovente.

Company's Members:

- Andrea "Treeman" A. : PRESENTE
- Dario D.G. : PRESENTE (only Lloret de Mar)
- Nicola S. : PRESENTE
- Alin R. : PRESENTE (only Lloret de Mar)
- Nicola G. : PRESENTE
- Francesco C. : PRESENTE
- Lorenzo C. : PRESENTE
- Valerio N. : PRESENTE
- Giacomo S. : PRESENTE (only Valencia)
- Viola P. : PRESENTE (only Valencia)

Hotel utilizzati:

- Lloret de Mar: Hotel "Ridomar" ***
- Valencia: Hotel "Sorolla Palace" *****

Partenza: Pisa, aeroporto.

Salutiamo i nostri guinzagli (a.k.a. genitori) e c'imbarchiamo sul nostro boeing 737 extralusso firmato Ryanair. Interni e rifiniture in lussuosissima plastica color "giallononmipulisconodatroppotempo", ma il viaggio passa velocemente, con alla mia sinistra mr. Valerio N. e alla mia destra una bella nonchè simpatica ragazza di nome Carlotta con cui faccio conoscenza... Comunque, senza essercene manco accorti, siamo a Girona! Altro che il viaggio in America, 10 ore tra il "bestiame"...
Appena arrivati in Spagna, capiamo subito che aria tira: i tassisti sono ladri certificati. Ti mettono la tariffa fissa sia prima di partire che una volta arrivati, e hanno una furia pazzesca. L'albergo ci accoglie molto "calorosamente", e anche la cena non è da meno: un gustosissimo quanto caldo cordon bleu, con verdure, cui è nota a tutti la mia segreta passione, che sfiora punte feticiste. Comunque, apparte questo, il primo impatto di Lloret de Mar (prima tappa) è di un posto dove dormire è una parola sconosciuta, dove te vai a giro e non trovi persone normali ma unicamente P.R. (occorre ricordarne una, la Serena, e soprattutto le sue "due grandi doti"), e tra discoteche e morsi e vomitate passiamo la prima notte. (Colossus)
Giorno 2: --> Coma Mode: On.
Il giorno n° 2, domenica 20 luglio, passa tranquillo sulla spiaggia di Lloret, quando verso l'una del pomeriggio capiamo quale sarebbe diventato il nostro migliore amico in Spagna: il Burger King.
Ci ingozziamo come maiali, e la giornata trascorre tranquilla sul limpido mare di Lloret fino alla sera, dove dobbiamo difenderci dai soliti P.R. armati dei loro terribili volantini con offerte strepitose del tipo "Panino con bocchino e pizza con pompino" e arriviamo al "Tropics? No Trombics!", il posto ideale per i claustrofobici: con i tuoi 20 cm quadrati di spazio disponibile, sei al sicuro! Comunque, passa la serata e il giorno 3 passa simile al giorno due, con in più una simpaticissima ondata di raffreddori, mal di gola, tossi e febbri che attraversa la compagine degli sventurati di Lloret!
Nota positiva: conosciamo la nostra pseudo-accoglitrice nonchè GRANDISSIMA lavoratrice Daniela. Molto carina e simpatica (lo dico per puro istinto di sopravvivenza... mi potrebbe uccidere altrimenti) e ce la terremo stretta stretta per tutto il soggiorno a Lloret de Mar.
Tra l'altro conosciamo anche in spiaggia altre ragazze torinesi, se non sbaglio Elisabetta ed Elena (?); no scrivo anche i nomi così nessuno se li scorderà più o avrà l'incubo di chattarci su Msn pensando "Macomecazz'sechiam...?".
Giorno 4: --> Barcellona - Survivor: prove di sopravvivenza
Io sono convinto di aver passato una giornata in un reality. E ne dice già molte, considerando come li adoro. Comunque, la giornata inizia benissimo grazie al nostro immancabile ritardo su tutto, e noi poveri ignari che volevamo prendere il pullman delle ore 8:00 am ci ritroviamo a prendere quello delle dieci. Son soddisfazioni.
In ogni caso, grazie ad autisti simpatici e abilissimi nella guida rally, grazie alle messe in folle molto lunghe, raggiungiamo Plaza Catalunya. Lo scenario che si staglia davanti ai nostri occhi è descritto da una parola: immenso. E' una piazza veramente enorme, dove i piccioni sono fotomodelli (si mettono in posa quando scatti una foto!) e l'Hard Rock Cafè ti chiama a tutta forza: noi non riusciamo a resistere ed entriamo. Cimeli, musica e prezzi agghiaccianti ci accompagnano nel nostro tour interno, tra i pilastri del rock (qualcuno è meno pilastro, leggasi "Shakira", il cui corpetto sexy era più in vista della chitarra di Van Halen. Non che ci dispiaccia troppo, ma senza Shakira non vale nulla). Comunque, riesco a prendere una felpa rossa bellissima (40 euri, sticazzi! falla anche essè brutta!). Una nota di merito per l'HRC: i camerini. Favolosi. Da sogno. Nel senso che te li sogni, 'un ci sono!
Da lì, proseguiamo sulle Ramblas, magiche vie tempestate di artisti più o meno tristi, e altri invece molto bravi, ma non abbastanza da meritare i nostri 50 centesimi. Arriviamo al monumento di Colombo, saltiamo in groppa ai leoni e arriviamo al mare, dove ci attende un economicissimo ristorante: pizza margherita 8.90 €, senza iva. Scusate se mi ripeto: "Sticazzi!"
Allorchè scoraggiati, dopo esserci seduti e visti i prezzi, ci alziamo e torniamo sulle Ramblas dal nostro "best friend" Burger King, dove io e Lore prendiamo un inculata pazzesca: spendendo quanto gli altri, riusciamo a prendere la metà della loro roba! Mitico!
Appena usciti dal Gambero Rosso, mi accorgo di un particolare: non tengo niente nella mano sinistra. Ehi ma ci doveva essere la busta con la felpa ross..Cazzo!! Non posso fare altro che riesumare il mio passato da attore di film d'azione: mollo tutta la mia roba a Lorenzo, che mi dice: "Che fai Andre?"
Mi metto gli occhiali da sole.
"Inizio a correre."
E con una caviglia straziata, inizio la mia ricerca: in tutti i luoghi dove c'eravamo fermati sulle Ramblas controllo, chiedo se hanno visto una busta dell'HRC: niente. Niente di niente. Sembrava d'essere nella mente di Valerione. A questo punto, sconsolato, vado nel posto più lontano in cui ci siamo fermati: l'economicissima pizzeria. Chiedo, senza più speranze, e senza un briciolo di convinzione, se hanno visto una busta con una felpa dentro. Mi sento rispondere: "Oh, you're the italian boy? Come here with me!".
Ho i lucciconi.
Sì, la vedo.
Sì, sì, è proprio la mia felpa!
Inizio a ringraziare ed abbracciare tutti, offro anche tipo 10€ a chi me l'aveva messa da parte ma non li vuole, lo riabbraccio e felice torno dai miei amici!
Ah già. Sono solo. Vabbè, li chiamo, sento dove sono e li raggiungo. Facile no? Facile, se avessi soldi nel cellulare. Vabbè, sulle Ramblas qualcuno che mi sa fare una ricarica ci sarà no?
Niente. Vago a vuoto mezz'ora, anche per stradine sconosciute, nessuno sa come posso ricaricare il cellulare (che ha la SIM italiana). Ad un certo punto mi rompo le balle, compro una ricarica, e mi dico: "Cazzo la Vodafone avrà pensato ad un povero Cristo italiano che vuole ricaricare il cellulare in Spagna!". Fortunatamente mamma Vodafone ha pensato a tutto, e ricarico il cellulare senza problemi. Nel mentre, ho re-incontrato (perchè l'avevamo già incontrate sul pullman) le ragazze di Pisa, e mi sento un po' meno solo nel mondo. Chiamo i miei amici, e li raggiungo con qualche difficoltà a Casa Batllò. E qui s'inizia. (con che s'inizia? ehhhh.....)
A questo punto occorre fare una piccola premessa: io fin da quando ho 4 anni mi diverto a disegnare/progettare case. Due delle cose che mi affascinano di più sono il design e l'architettura, insieme alla fisica e la matematica. Ora, Casa Batllò E' OBBLIGATORIA da visitare per chi è appassionato delle prime due, e io ero andato a Barcellona con l'intento supremo di visitarla, a costo di farlo da solo. E così è, dato che nessuno vuole venirci. Allora mi ri-separo dagli altri, sicuri che prima o poi ci saremmo ricongiunti. Mi metto in fila per fare il biglietto...Ma porc... Non ho più soldi! Tra felpa, burger king, autobus e ricarica mi ero bruciato 69 euri! Vabbè, mi dico, vado al bancomat e ritiro i soldi.. Vado... metto il codice (GIUSTO, perchè ci avevo ritirato i soldi con lo stesso codice in Italia) e mi sputa in faccia, dicendo che è sbagliato. Riprovo, niente. Cambio sportello, come è giusto che sia. Ancora meglio, trovo una banca. Chiedo ad un gentile poliziotto che dovrebbe rappresentare l'autorità informazioni su come entrare in banca. Mi manda quasi affanculo. Farò a meno di lui.
Provo al nuovo sportello.. niente. Chiamo mia mamma su che cosa fare, che anzichè dirmi cosa fare inizia a cercare di tranquillizzarmi, con il risultato di innervosirmi e basta. Cioè, non è colpa sua se mi innervosisco, però ne avevo abbastanza di quella giornata. Richiedo, con aria sconsolata, aiuto al poliziotto (era l'unico nel raggio di 2 km). Niente, Mr. Stronzo Idraulico Gel si riconferma per quel che è, un piccolo ammasso di merda avariata.


Fine prima parte

{...continua...}


{…} Beh, come descrivere lo stato emotivo di quel momento? Triste, sconsolato, e tanto incazzato. Fa anche rima. E ci starebbe dentro anche uno “squattrinato”.
Comunque, conscio della situazione e abbandonata definitivamente l’idea di poter visitare la tanto agognata Casa Batllò, mi incammino verso la Sagrada Familia, altro capolavoro di quel genio chiamato Gaudì, ma mi si presenta il problema: che cacchio di metropolitana piglio? E allora chiedo ad un passante, che molto gentilmente mi risponde, ma poi mi accorgo (dopo aver seguito le sue indicazioni) che mi ha spedito nel “Nulla”. Niente metropolitana. Niente autobus. Niente di bello da vedere. Niente.
Vago ancora un po’ (tornare indietro sarebbe stato troppo semplice, troppo!) e arrivo in una piazza, dove dei ragazzi fanno skate (chi scrive sk8 merita il mio disprezzo). Allora alchè mi fermo un po’, con dei rimasugli di monete prendo una coca e mi godo un po’ lo spettacolo, poi prendo la metropolitana che era in quella piazza e arrivo alla Sagrada Familia. Lo scenario è imponente: le torri sfiorano il cielo, insieme alle gru. Il sole la colpisce con un gioco di chiaroscuri che Caravaggio ha deciso di venire a imparare un po’. Abbasso un po’ lo sguardo, e vedo un ciccione seduto su una balaustra che guarda straniato in alto la chiesa mangiando un grasso e unto panino. E vabbè, non esiste il momento perfetto.
Cerco un entrata per visitarla, ma poi mi sento sparare il prezzo di 10 euro e sento anche la fitta di dolore che percorre il mio portafoglio, quindi mi accontento di ammirarla da fuori. La facciata moderna secondo me è un po’ inferiore, più che altro perché non può reggere un confronto di complessità con quella gotica, però bellissima lo stesso. Una volta ammirata, guardata e scrutata, mi accingo a lasciarla, ma il destino mi ci ricondurrà dopo.
Cerco un bancomat per ritirare dei soldi, tante volte ora andasse la carta, lo trovo, niente. Chiedo anche in un negozio (tristissimo, me lo ricorderò per sempre: spazi enormi, vuoto di persone. Tirato avanti da vecchietti che hanno un udito paragonabile a quello di un elefante sordo. Bello.) dove "ovviamente" (c'avreste mai scommesso?) non mi capivano, e anzi sembrava io li disturbassi. Grèzie. Grèzie altrettanto.
Disperato, poi mi accorgo che non era uno sportello bancomat ma un affare strano di un’ istituto di credito, comunque mi restituisce la carta senza tante storie e dico “E vabbè”. Alchè, dato che accanto allo sportello c’era un telefono, provo a chiamare il mondo civile dell’Italia, cioè i miei compagni. Metto due euro per sicurezza che la linea non cada, sollevo la cornetta, digito 3-4 numeri…. tut tut… leggo il credito rimanente…. 0 euro…. Ma porc…. Tanto ho tanti soldi… E mentre con sguardo vacuo fisso l’odiosa cabina telefonica, un raptus si impadronisce di me: tiro fuori il mio quaderno dello Stevens College (sia lodata l’America!), prendo un foglio, un pennarello rosso, e scrivo compulsivamente il messaggio studiato con fredda razionalità e imbevuto del mio rigurgito di odio:
“Fuck you fucking machine, you stole my last 2 euros and Now I’ m All Alone In The World!!!!” scritto ovviamente in inglese cosicché il mio grido di dolore possa raggiungere più persone possibili, e lo sistemo alla bell’è meglio nella pseudo-cabina (sì, perché era una di quelle aperte).
Frustrato, dato che mancano ancora quasi due ore alla partenza del pullman, e non ho il tempo di visitare altro, cerco di capire com'è l'aria della città, un po' fuori dal centro nevralgico della vita movimentata e infestato da turisti di ogni parte del mondo. Detto in parole povere, inizio a vagare a casaccio.
E che può mai succedere quando uno vaga a casaccio? Due sole cose: la prima, è meno scontata, però consiste nel fatto che non vede un cazzo della città, anzi, matematicamente va nella zona meno interessante di tutte. La seconda, è quella che tutti stavate aspettando: si perde. E io, modestamente, mi perdetti.
Solo, abbandonato, in una città sconosciuta, senza un cazzo da fare (mp3 e macchina fotografica scarichi, in aggiunta a tutto) se non trovare la via di casa (oramai ero arrivato all'equazione pullman = tana base, quindi casa), dopo un po' di pressione psicologica esterna da parte della città, con il suo vuoto emozionale, i palazzi moderni e bruttissimi che ti schiacciano, appiattiscono col loro grigiore e la loro altezza, decido di fare mente locale: sono al quarto giorno, e ho quasi finito i soldi, la carta di credito DEVE andare, o sennò sono nella merda. Quindi nuovo obiettivo: bancomat. Vi risparmio questa parte della ricerca, che però potete ben immaginare dato che è sulla stessa falsariga di quanto sopra, lo trovo. Ovviamente trovo il coglione di turno che c'ha da fare le sue grandi operazioni bancarie sul suo conto svizzero da 10€, quindi ci sta 10 minuti a cercare di darsi un tono di importante, aggeggiando e facendomi aspettare. Ma poi tocca a me. Tocca a me. A me.
Ricordate il detto "la fortuna è cieca, ma la sfiga ci vede benissimo e ha anche il metal detector"? Mai frase fu più vera, se non forse la legge di Murphy (che oramai prendo come principio base del mondo). Questa era una piccola intro per farvi capire cosa può succedere a uno come me a uno sportello bancomat per l'n-esima volta.... Esatto: gli viene mangiata la carta! La carta di credito non c'è più! Presa, rubata, inculata, inghiottita, sparita, c'era Copperfield che mi salutava. E' troppo. Ore di frustrazione vengono scaricate in un pugno di odio assassino sul bancomat, e, con i lucciconi agli occhi, continuo a percuoterlo un po', ma poi mi appropinquo a sedere su di un paletto che mi entra nel culo, ma non me ne frega niente, perchè fisso il vuoto e penso alla mia tristissima situazione... sempre coi lucciconi. Dopo 5 minuti di questo stato, mi accorgo di un'anima, anzi una e mezzo, davanti a me, al bancomat: una madre perbene con un tranquillo pargolo a seguito. Sono salvo forse? Devo segnarmi il posto dove mi è stata presa la carta di credito, e non c'era da nessuna parte il nome della via. Allora, in uno stato tra il pietoso e il disperato, chiedo all'infante: "Como se llama esta plaza?"(certo, magari non è lo spagnolo più raffinato e corretto, ma si capisce dai...). Il piccolo mi fissa. Allora non avrà capito, glielo ripeto. Mi rifissa. Mi pigli per scemo? Piccolo bambino di merda, vuoi rispondermi anche un "No conosco, non so" o roba simile? No, mi fissa. Un po' più energeticamente, ma sempre educatamente (anche se con un volto rigato dalle lacrime). La mamma nel frattempo ha finito, e allora lo chiedo a lei: una madre di famiglia, appena ritirati i soldi, con suo figlio, è sempre di buon umore, e la domanda è posta da 5 metri di distanza (tipo distanza di sicurezza, tante volte fossi un drogato). Che fa questa allora? Prende il figlio sottobraccio, e guardandomi male, come il peggiore dei delinquenti, se ne va. E' troppo. Veramente troppo. Il troppo di prima era già troppo, adesso è il troppo del troppo. Non resisto, devo urlare, devo urlargli qualcosa. E lo faccio, con tutto il fiato che ho in corpo, con tutto l'odio che nutro per questa città, per questa gente, per questa situazione, per... tutto. "Fuck you! Fuck you! I need help! Why don't you answer me? WHY? Go away, fucking bitch! Go away! Are you happy? I'm desperated, and that's your fault!". Lei mi guarda ancora peggio, come un fattone di LSD, e scappa velocemente con il suo frutto di una notte di sesso selvaggio anche chiamato figlio. Non ho fatto la cosa giusta. Non ho fatto la cosa civile. Non ho fatto quello che avrebbero fatto molti. Ma l'ho fatto, e non me ne pento. La sensazione di liberazione è qualcosa di unico, dura quel momento, quella parola, ma è tutto quello che cercavi.
Peccato però che i momenti sono momenti, e svaniscono presto. Sicchè dopo quel millesimo di secondo di gioia infinita, subentra la rabbia. La rabbia perchè preso a calci da tutti e da tutto, e non riesco a contenerla: mi rincammino a caso, parlando ad alta voce tra me e me, e offendendo chi passa, a caso. E' incontenibile: mi sto sempre più liberando. Ogni tanto provo a chiedere informazioni per la Sagrada Familia, ma solo uno dei tanti mi risponde.


Fine seconda parte

{...continua...}

{...} ma solo uno dei tanti mi risponde. Incazzato, per giunta. Snervato, addirittura. Ahh, rabbia repressa, se tu non ci fossi t'avrei inventata io quel 22 luglio. Comunque, mi trascino con le mie cose verso la Sagrada Familia, strascicante ed oppresso da una giornata infernale. D'altronde, il metrò (francesismo), mi aspetta (oppure no?).
Guardo l'orologio.
Cazzo.
Cazzo.
Sono le sei e qualcosa.
Il pullman con il mio posto (nonchè l'unico che io potessi prendere) è alle 19:00.
Ok, mente locale: ho 40 minuti spiccioli per tornare in un posto che non so raggiungere tanto bene oppure passerò la nottata al ghiaccio. Perfetto.
Chiedo a qualcuno come raggiungere Plaza Catalunya, e scopro che devo cambiare linea. Beh, tanto ho tempo. In ogni caso, arrivo al punto dove fare cambio, mi ritrovo in uno dei corridoi più lunghi del mondo, da fare a piedi, mezzo morto, con uno stato d'animo da psicolabile. Maledicendo tutto e tutti, lo percorro, arrivo a Plaza Catalunya, chiedo ad un chiosco informazioni dove prendere il pullman, mi risponde una ragazza, abbastanza disponibile: piccolo problema, non capisco un cavolo di quello che dice se non a malapena il nome della via e la direzione. Non è un grosso problema se hai più di 10 minuti di tempo, ma ovviamente non li avevo. Rantolo dove indicatomi, e spaurito mi guardo attorno cercando la via, e proprio mentre sto per abbandonare e tornare al chiosco la vedo, vedo il pullman: apriti cielo! Sono emozionatissimo, ho i lucciconi: mi avvicino, e... non c'è l'autista. Lo aspetto per poi salire. E qui faccio la mitica conoscenza di Gino Gino Pilotino, il guidatore di pullman più simpatico che c'è. Ha addirittura una cordicella sulla schiena che se la tiri fa tipo Furby e dice "Me-Amare-Te" con una voce dal calore metallico. Apparte tutto, tenta di fare il suo lavoro, cercando di non farmi salire sul pullman dicendo (con un tono tra l'incazzato e il desiderio della mia morte) che i posti sono limitati, e io fiero dei miei 8.35 euro (ho riguardato il biglietto, che conservo ancora gelosamente per ricordarmi di NON andare a Barcellona nei prossimi 70-80 anni) gli sbatto in faccia il biglietto. AH AH AH piccolo misero idiota non puoi più impedirmi di salire, perchè mamma Sarfa padrona del tuo piccolo autobus ti paga per trasbordarmi a Lloret de Mar, quindi devi farmi salire o sennò perdi il tuo piccolo posto di lavoro e finisci in mezzo alla strada con la tua moglie gonfiabile e un figlio rompicoglioni! Ha comunque qualcosa da ridire sul fatto che sono arrivato a pelo, ma francamente me ne infischiai. Sicchè salgo, conscio dei miei diritti, e vado ad ottemperare il mio diritto di poggiare ciò che non ho sul mio sedile prenotato. Miracolo: trovo Carlotta e le altre ragazze di Pisa, proprio davanti a me! Mi siedo, le saluto, parlo un po' con loro (per quanto potessi parlare) e appoggio le mie carabattole sul sedile accanto, giusto per cercare meglio qualcosa che non ricordo e sistemare i miei vestiti e la felpa, e, non felice ma perlomeno tranquillo di tornare all'albergo di Lloret, assaporo la sicurezza di quel posto prenotato.
Un'ombra incombe.
Sì.
E' lui.
L'autista!
Mi si avvicina e fa: "Estás cómodo? Usted está tratando con dos asientos! No se puede, No se puede! Se baje del autobús!" e altre cose così... Io, chino sulla mia borsa a sistemare tutto, all'inizio alzo lo sguardo, sto un po' attonito, stranito, perplesso, cercando di capire cosa vuole ancora... poi capisco che brontolava perchè occupavo due posti con la mia borsa, e allora mi ci chino e inizio ridere, perchè non me ne frega assolutamente niente di cosa succede nella mente di questo piccolo stupido omuncolo, io torno a casa... e ridendo non lo ascolto fino a che non se ne va. Idiota.
Comunque, non sposto la borsa, e però mi accorgo di un dettaglio fondamentale: mancano i miei amici! Anche loro dovevano prendere quel pullman, ma c'ero solo io. Possibile che siano ancora più in ritardo di me? Mi preoccupo un po'... ma d'altronde non posso fare niente. O forse sì: guardo il cell, pensando che è scarico, che non si accende... provo un attimino, così, per passare il tempo a vedere cosa succede.... si accende. Mi prende un po' la morte dentro: anche il cellulare mi piglia per il culo. Ma forse è tipo quando le batterie appena scariche dopo un po' di tempo si ricaricano un pochino... e la prendo con filosofia. Infastidito, chiamo gli altri, e preoccupato gli spiego dove si prende il pullman, sperando che ce la facciano a prenderlo. Dopo un po', li vedo salire... Finalmente! Li saluto, contentissimo, ma mi chiedono perchè non c'è l'autista, e gli rispondo che è fuori e torna tra poco... Insomma: iniziamo a parlare, soprattutto io, nel descrivere ciò che mi era accaduto, quando spunta l'autista, incazzato nero: "Usted no puede subir al autobús sin mi permiso!!" e fa per buttarli fuori... alchè io li perdo, perchè li porta con sè alla salita del pullman per buttarli fuori, ma poi rientrano... Cos'è successo? Il sig. Gino ha minacciato i miei compagni di viaggio, tirando fuori la pistola che teneva nei pantaloni per far capire che non scherzava, che dovevano scendere, che non possono far così. Fortunatamente torna un po' in sè quando vede i biglietti, e li fa stare sul pullman, ma cribbio è possibile che uno sale su un pullman e se non ha mostrato il biglietto gli viene mostrata la pistola? Mitici autisti spagnoli.. mitici. Scusate la "discesa" dalla neutralità di questo resoconto del viaggio, ma è dura trattenersi... Se continuate a leggere, ce ne saranno comunque altre.
Sul pullman, io intanto continuo la mia storia con toni più o meno alterati che viene sentita da tutto il pullman, e ogni tanto questo si accoda solidale nella mia sfortuna.
A Lloret, ci dirigiamo verso l'albergo, e appena saliti in camera metto in carica il mio cellulare e chiamo mia mamma per dirmi cosa fare con la carta di credito. Nervi a fior di pelle, inizio a discutere con lei perchè tenta di tranquillizzarmi, di calmarmi... Ma non me ne frega assolutamente niente! Io voglio bloccare la carta di credito! Mi si può solo innervosire facendo così! Ed a un certo punto.. anche lei al culmine della pazienza, mi fa spavalda e con un pizzico di nervosismo "Dè bellino,....".
Dè bellino?
A me?
Ma non si capisce che ho vissuto una giornata terribile? Che se mi dici Dè bellino è come buttare una Mentos nella Coca-Cola Light? Come andare da Hitler e toccargli la sua monopalla? (lo sapevate che Hitler era eunuco? No? Sapevatelo!) Come accendere un fiammifero in un pozzo di petrolio? Ovviamente ho sbottato, facendogli notare a modo mio che "Non mi puoi dire dè bellino se sono incazzato!!!!!" In ogni caso, riesco a capire che fare: devo chiamare due numeri, seguire le loro istruzioni e basta. Semplice, no?
Chiamo il primo numero: tutto ok, semplice, veloce, efficace.
Chiamo il secondo numero: ok, sì, perfetto, finalmente qualcosa che funziona, ora mi passa all'altra operatrice... che mi fa: "Hai perso la carta di credito? Bene, che numero era?"
Piccolo genio, se l'ho persa e sono fuori casa, come diamine faccio a saperlo? Glielo fo notare in maniera civile... e lei di tutta risposta mi fa: "Eh ma sei pirla."
...
...pirla.
...
PICCOLA CICCIONA DEL CALL CENTER DI MILANO, TE HAI UN CULO CHE PARE UN MAPPAMONDO, HAI UN LAVORO DI MERDA E FARAI SEMPRE QUEL LAVORO DI MERDA PERCHE' NON PUOI NEMMENO ANDARE A BATTERE SULLA STRADA DA QUANTO SEI INFAME, MI DICI CHE SONO PIRLA?
Questo è quello che ho pensato dentro di me, ma sono riuscito facendomi venire la pelle d'oca a trattenermi a dirle gentilmente che non mi dovrebbe dare del pirla, e che ho bisogno di aiuto (per davvero, in tutti i sensi). Concludo la faccenda, richiamo i miei genitori, o almeno ci provo... e da lì i ricordi si perdono nella nebbia, non so cosa sia successo, ma ad un certo punto è arrivata la goccia che ha fatto traboccare il sottovaso (il vaso era già traboccato tante volte) l'unico ricordo distinto è l'aver preso per tre volte a testate il cellulare, spaccando lo schermo LCD. Mi accorgo che però le testate sono state un po' più forti del previsto e l'ho rotto, allorchè lo lancio nel muro mettendoci tutta la cattiveria e l'odio possibili, reclutando ogni fibra del mio corpo a quell'atto liberatorio di inutile violenza. Dio, che sensazione liberatoria. Una volta fatto questo, continua a funzionare ancora, ma non potrò più usarlo per il resto della vacanza causa illeggibilità. Ma che soddisfazione, che soddisfazione aver distrutto uno degli oggetti per cui ho portato più rancore durante tutto il giorno: prima la ricarica introvabile, poi la batteria scarica, poi la batteria che ti piglia per il culo, poi le centraliniste che ti danno del pirla... Ah. Ho rotto tutto ciò che mi legava a questi episodi irreali.
Finalmente.
...
La giornata però non è ancora finita: c'è la chicca, l'ultima chicca della giornata... effettuata presso lo Zoo, un locale-disco di Lloret. Abbiamo passato più o meno tutta la sera lì, e poi siamo tornati in albergo e ivi siamo restati fino al giorno dopo. Comunque, domanda: quando un uomo ha toccato il fondo, raschiato, scavato, qual'è l'unica cosa che può farlo risalire? Che domande: l'alcool! E così mi decisi a prendere na tequila sale e limone, più che perchè mi piacesse per il fatto che speravo di buttarmi la giornata alle spalle... Io e nico si va al bancone, il barista ci dà il rum, nico prepara il sale... gli casca e ne versa più di due dita nel mio biccherino: alchè chiedo al barista, che rideva sotto i baffi per la scena appena vista, se mi poteva cambiare per favore il bicchiere... e lui continua a ridere. Glielo richiedo, mi guarda, parla con una barista, e ride. Cazzo ridi? Intanto la barista dietro ha capito che volevo che mi cambiasse il bicchiere, e gli spiega a gesti cosa fare (c'era la musica alta). Macchè, lui niente, e lei giammai che si smuovesse per cambiarmelo. Allora mando a fanculo tutto, butto giù di tutto, mezzo bicchiere di rum, mezzo bicchiere di sale, limone, e tra gli applausi dei baristi e i miei vaffanculo verso di loro me ne vado da quel bancone per non tornarci mai più...

Fine terza parte

{...continua...}

domenica 3 agosto 2008

Nato due volte


Ciao a tutti, questo è un blog, un normalissimo blog, appena nato, o meglio: nato due volte! Avevo già un
blog, su msn, ma per varie ragioni è naufragato tra le pagine del world wide web... E ora ci riprova, perchè? Perchè non si molla un cazzomai!
Comunque voglio dare a questo blog... un'impronta diversa dal precedente... non voglio che diventi un miscuglio di cazzate, ma un calderone di pezzetti di vita, dei miei pensieri che la gente potrà leggere e interpretare a suo piacimento. Insomma, un blog un po' più serio di prima, ricco di citazioni che dovrete scovare, da leggere come una sorta di "daily journal". Ora dopo tutte queste belle parole tocca però a me continuare a tenerlo aggiornato, almeno ogni settimana! (bel daily journal...)
Come vedete purtroppo non ho ancora perso il mio senso dell'umorismo (quando mai l'ho avuto?) pseudo-inglese, e... niente, vi auguro una buona permanenza qua tra queste pagine!

Ciao!

Andrea